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News per Miccia corta11 - 04 - 2008 Il "pentito"Â Roberto Sandalo: un frammento del revisionismo storico itIl nostro
è, indubbiamente, un paese dotato di molto spirito rancoroso ma senza memoria. O meglio dotato di una memoria
selettiva, partigiana e doppiopesista.
Spesso falsificante. Nell'infinito libro della revisione della storia italiana
della seconda metá del Novecento, e in particolare degli anni Settanta, uno
squallido frammento spetta anche alla figura di Roberto Sandalo, "pentito" impunito, a lungo protetto e foraggiato
dagli apparati dello Stato. Nei tempi
piú recenti, mentre diventava regola ferrea per i media quella del: "Gli ex terroristi
debbono stare zitti e scomparire", veniva spesso intervistato da quotidiani.
Anche la Rai, con "La Storia siamo noi" gli dedicó una lunga intervista, senza contraddittorio
giornalistico e dimenticando di ricordare agli spettatori un dato rilevante
della sua biografia: quello di essere un "pentito", giá di Prima Linea e
arrestato nel 1980 mentre era in procinto di entrare nelle Brigate rosse, che
ha comprato l'impunitá facendo finire in carcere centinaia di persone, in larghissima
misura assai meno responsabili di lui dei danni provocati dalla lotta armata. In queste
occasioni, nessuno dei tanti censori di ogni intervento di ex militanti della
lotta armata, ha ritenuto di protestare, con la indignazione consuetamente
esternata nei confronti di altri. Ad esempio di Sergio D'Elia, a lungo sotto attacco per il suo passato. O di Susanna Ronconi, addirittura impedita a
lavorare dalle campagne di una vendetta infinita, che trovano sempre piú
alfieri e sostenitori. Anche a sinistra. In quella
campagna di linciaggio verso D'Elia (ma, in generale,verso quegli ex militanti,
oggi spesso impegnati nel sociale, che hanno una qualche veste pubblica), Sandalo
venne addirittura ingaggiato dal sindacato
autonomo di polizia. Di nuovo senza che nessuno gridasse allo scandalo.
Anzi. Riferisce
infatti al riguardo la notizia dell'ANSA del 20 giugno 2006: «Roberto Sandalo,
ex di Prima Linea e 'dissociato attivo dal terrorismo', aderisce alla campagna
del Sap, sindacato autonomo di polizia, impegnato in questi giorni nella
distribuzione nelle piazze italiane di 500.000 cartoline per chiedere le
dimissioni del segretario alla presidenza della Camera, Sergio D'Elia, condannato
a 25 anni di carcere per l'omicidio di Fausto
Dionisi, agente di polizia morto durante l'assalto al carcere di Firenze
nel 1978. 'Invito i
cittadini a recarsi presso il camper del Sap in piazza Nettuno a Bologna,
'capitale della politica' in Italia - si legge nel testo firmato da Sandalo e
diffuso dal Sap - per ritirare la
cartolina da compilare e inviare alla Camera dei Deputati, ai fini di
promuovere un disegno di legge che eviti agli autori di reati particolarmente
gravi, come allarme sociale, di poter ricoprire scranni in Parlamento' Nelle
settimane scorse Roberto Sandalo, in un'intervista al Giornale, ha fra l'altro
sostenuto che D'Elia sarebbe stato implicato, oltre che nell'omicidio di Fausto
Dionisi per il quale e' stato condannato, anche in una rapina in cui fu uccisa
una guardia giurata. Un'intervista alla quale D'Elia ha risposto annunciando
querela contro l'ex compagno e il Giornale, mentre un altro ex di Pl, Sergio Segio, si e' detto convinto che Sandalo abbia semplicemente
fatto 'dichiarazioni false'». Su
quest'ultimo punto, cosí riportó un quotidiano: «Ad avvelenare ulteriormente il
clima, è arrivata l'intervista concessa da Roberto Sandalo al Giornale. Per
l'ex terrorista pentito (all'epoca soprannominato Roby il pazzo), nel 1978 un gruppo
diretto da D'Elia partecipó a una rapina I
"pentiti", anche se omicidi e impuniti, insomma, hanno facoltá di dire quello
che vogliono. Addirittura di invocare pene aggiuntive ed esclusioni a vita per
quegli ex lottarmatisti che, a differenza loro, hanno scontato lunghe condanne. In
questo, peraltro, sfondando porte aperte, dato il clima di gogna e ostracismo
infinito che da tempo si è instaurato, verso gli ex lottarmatisti di sinistra. Libertá e
platee per dire quello che si vuole, dunque. Venendo ancora tutelati dalle
istituzioni. Ha
dichiarato ad esempio di recente il magistrato milanese Armando Spataro nei riguardi di Sergio Segio: «Taccia, invece di attaccare come ha fatto i pentiti»
("Corriere della Sera", 30 gennaio 2008). Naturalmente, vi sono "pentiti" e "pentiti",
qualcuno persino genuino. Non è certo il caso di Roberto Sandalo. Quello
che rimane da chiedersi, nella cittá della vicenda Abu Omar e dei perduranti conflitti tra apparati statali diversi, è
se Sandalo lavorasse per conto proprio o per qualche anfratto
para-istituzionale. Non
sarebbe la prima volta.
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