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News per Miccia corta24 - 01 - 2008 Shoah, quell'euforia che portó allo sterminio(la Repubblica, GIOVEDáŒ, 24 GENNAIO 2008, Pagina 40 –
Cultura) SUSANNA NIRENSTEIN Non ci fu un preciso big bang
della Shoah, né un unico introvabile ordine del Fuhrer, tanto meno
furono le sorti avverse del conflitto a determinarla, né l'incontro di Wansee
del gennaio "˜42: l'idea dello sterminio piuttosto prese avvio sull'euforia
della vincente guerra di annientamento contro il giudeo-bolscevismo, e poté
costruirsi grazie alle solide basi dell'antisemitismo pervasivo, imperativo
ideologico centrale della visione politica hitleriana che chiedeva di per sé
una soluzione ultima. Fu come lo snodarsi di un devastante Domino iniziato in
Polonia, laboratorio della politica razziale, e sviluppato tassello dopo
tassello, in forma disordinata, attraverso alcuni snodi fondamentali,
molteplici punti morti, numerosi attori determinanti. Il «cartaio» centrale,
Hitler, vagliava ogni stop and go, ogni passo successivo sulla base delle
innumerevoli proposte e iniziative zelanti dei sottoposti: era l'ideatore di un
gioco di cui non sapeva fin dall'inizio le regole e il tracciato ma di cui
sentiva l'ossessione, il fantasma ben rappresentato nella sua «profezia» del
gennaio 1939 sulla guerra mondiale che avrebbe portato «la distruzione della
razza ebraica in Europa»: a lui bastava proclamare la persistenza della
questione ebraica, l'interpretazione della storia come conflitto razziale,
premiare chi sgomitava per proporgli le diverse soluzioni, spingere il pedale della
radicalizzazione o viceversa frenarlo leggermente, per poi riprendere la corsa
senza avvertire, insieme agli altri nazisti, alcuna interdizione etica, ma solo
la propria, cosmica, «missione nella storia». La mappa, nata all'interno di un
vasto progetto di Storia generale dell'Olocausto dello Yad VaShem di
Gerusalemme, tracciata da Christopher R. Browning - tra i maggiori
esperti mondiali della Shoah e tra i responsabili dello United States Holocaust
Memorial - per disegnare Le origini della Soluzione finale - L'evoluzione della
politica antiebraica del nazismo, settembre 1939-marzo 1942 (ilSaggiatore,
pagg.617, euro 45) analizza migliaia di documenti, fatti, date, passi dei
vertici e dei comuni cittadini del III Reich verso l'annientamento degli ebrei:
il risultato è lucido, rigoroso, naturalmente terribile. La tesi che piú chiaramente ne
emerge è la mancanza di un disegno ab origine della soluzione finale.
L'antisemitismo espresso in Mein Kampf, «chimerico», o «rivendicativo» come
l'ha definito Saul Friedlá¤nder, conta come sustrato ideologico (insieme ai
lasciti della teologia cristiana e al fallimento della rivoluzione
liberaldemocratica in Germania), non come programma pratico. L'ipotesi dimostrata da Browning
è che solo le vittorie militari offrirono delle «opportunitá inattese»
all'imperialismo razziale nazista. All'inizio l'invasione della Polonia, dei
Balcani, e subito dopo del Nord Europa e della Francia, le alleanze con la
Romania e l'Ungheria, dettero corpo al sogno del Lebensraum, lo spazio vitale,
che il III Reich rivendicava e su cui ideare, tra l'autunno del "˜39 e la
primavera del "˜41, una convulsa politica demografica fondata su i principi
della razza: le regioni occidentali della Polonia andavano annesse e totalmente
germanizzate mediante il reinsediamento dei tedeschi etnici e l'espulsione
degli elementi «dannosi» e «indesiderabili», ovvero la maggioranza dei polacchi
e di tutti gli ebrei che bisognava spingere nel Governatorato. Inizió un
movimento epocale di estromissioni che colpà piú i polacchi (503.000 dal
settembre 39 all'aprile 41) reimpiegabili come manodopera a buon mercato, che
gli ebrei, merce quasi inutile, non germanizzabile, non impiegabile per il
Reich, da segregare, far possibilmente sparire, anche se allora Himmler
rifiutava «in quanto antitedesco e impossibile il metodo bolscevistico dello
sterminio di un popolo per una convinzione ideale». Il progetto allora era quello di
separare gli ebrei affollandoli e falcidiandoli come fase intermedia nei ghetti
creati nelle grandi cittá , poi in una riserva speciale intorno Lublino, infine
in un superghetto, il Madagascar (ipotesi presa in serissima considerazione
quando fu conquistata la Francia, e poi abbandonata quando si capà che
l'Inghilterra - e la sua flotta utile all'immane trasbordo - , non sarebbe
stata battuta). «I vasti piani di ingegneria
demografica di Himmler si dimostrarono peró piú facili da immaginare che da
realizzare fino in fondo» scrive Browning: i treni per gli spostamenti
servivano alla guerra, i contadini volks destinati a sostituire i polacchi
espulsi dovevano portare con sé gli attrezzi, i casali da occupare erano troppo
miseri; Gá¶ring voleva massimizzare lo sfruttamento economico per lo sforzo
bellico, Hans Frank a capo del Governatorato generale (la Polonia centrale) si
opponeva alla discarica indiscriminata di polacchi e ebrei nel suo territorio
che comunque, aveva detto Hitler, «in un prossimo futuro» andava completamente
germanizzato, reso judenfrei. Come si capisce, oltre alla
determinazione, regnava la confusione: ad esempio il piano economico per il
ghetto di Varsavia approvato da Frank nell'aprile 41, era basato sul
presupposto che l'enclave sarebbe stata in piedi almeno 5 anni. O ancora, sia a
Vienna che a Berlino vivevano migliaia di ebrei ( La soluzione alla questione
ebraica, è evidente, non era stata trovata nel Governatorato, né nel
Madagascar. Doveva essere altrove. Nel febbraio 1941 «Hitler ruminó
sulla questione ebraica» di fronte a Bormann, Speer, Ley, Hewel: in origine
aveva pensato di frantumare la potenza degli ebrei solo in Germania, ora il suo
obiettivo era tutta la sfera dell'Asse; in Polonia, Slovacchia, c'erano i
tedeschi, ma come fare in Francia, ad esempio? «se soltanto avesse saputo dove
cacciare un paio di milioni di ebrei»: stava «pensando a molte cose in modo
nuovo, non propriamente benevolo» disse. Nonostante l'operazione
Barbarossa contro l'Urss fosse giá decisa, l'assassinio in massa di tutti gli
ebrei nella sfera d'influenza tedesca non era ancora nella testa di Hitler, né
in quella Himmler: la prospettiva centrale era ancora l'espulsione e la
premeditata decimazione della popolazione. Eichmann aveva parlato a Himmler di
circa 5,8 milioni di ebrei da reinsediare in «un territorio ancora da
determinare». I tedeschi iniziarono a
concepire il Vernichtungskrieg, la «guerra di annientamento» contro il
giudeo-bolscevismo: la morte era nell'aria, i nazisti non avrebbero lasciato in
vita né i commissari bolscevichi, né gli ebrei sovietici, manifestazione
politica e biologica della medesima minaccia. Capirono che potevano farlo via
via che marciarono avanti. Ogni vittoria li esaltava e li rendeva piú risoluti.
I militari, la Wermacht, che pure all'inizio si era dimostrata vagamente
riluttante agli eccidi e alla politica adottata in Polonia, accettarono la
logica e vi parteciparono. Alla fine del "Ëœ41 i numeri giáÂ
annichilivano: a sei mesi dall'invasione dell'Urss, Browning valuta che fossero
giá stati uccisi 800.000 ebrei, la maggior parte dalle Einsatzgruppen, unitá di
alcune migliaia di uomini che seguivano l'esercito con questo esplicito scopo,
aiutate dalla polizia ausiliaria tedesca e dai collaboratori locali, lituani
soprattutto e ucraini che organizzavano anche i loro pogrom. Hitler incitava,
voleva creare «un giardino dell'Eden» da cui la Germania non si sarebbe mai
ritirata. Le SS, i militari, gli economisti, i funzionari si precipitarono a
trasformare i suoi pronunciamenti in interventi specifici. Dopo la presa di Kiev,
l'accerchiamento di Leningrado, le vittorie di Vyazma e Bryansk (673.000
soldati sovietici catturati) Hitler a settembre ridá il via alle deportazioni
degli ebrei che aveva rimandato alla fine della guerra e ne vieta
l'emigrazione. Vede davanti a sé lo scenario in cui puó ambire alla soluzione
finale. «Nel pieno della guerra di
annientamento in Unione Sovietica, con la prospettiva di avere l'intera Europa
ai suoi piedi, caddero le ultime inibizioni». Heydrich inonda la burocrazia di
tedesca di notizie sui massacri. I soldati scrivono a casa, raccontano che
quando iniziano a sparare contro le masse inermi, alle donne, ai bambini, gli
tremano le mani, ma specificano anche che poi ci si abitua, pensando che non
c'è altro da fare: o loro o noi. I militari fanno anche una sorta di turismo
della morte: davanti agli eccidi all'aria aperta scattano fotografie. Himmler
comunque si preoccupa degli effetti psicologici delle stragi a mano armata
sulle truppe: vuol pensare a una metodo piú pulito, efficiente, segreto. Tutto procede in maniera
convulsa, eccitata. Chi ha la migliore idea l'avanza. In quelle stesse
settimane vengono condotti vari esperimenti con il gas mettendo in campo gli
uomini del programma Eutanasia usato contro i malati di mente in Germania.
Monossido di carbonio, ... bombole, no, meglio i camion di Walter Rauff, ancora
meglio le stanze sigillate... Zyklon B. I commando tedeschi si presentano a
Belzec (a novembre) e Chelmo, e poi ad Auschwitz, Treblinka, per preparare la
costruzione dei campi di sterminio. Il 17 marzo le camere a gas di Belzec giáÂ
funzionano e mettono a morte gli ebrei deportati da Lublino e dalla Galizia. Il
27 Goebbels scriveva nel suo diario «degli ebrei non rimarrá molto». Una volta avviata in territorio
sovietico, la cancellazione si presentó al regime nazista «come una soluzione
adeguata anche per il resto d'Europa». Indicibile orrore? Il documentatissimo
racconto di Browning, dimostra come l'umanitá , l'ideologia totalitaria, siano
pronte a partorire e ingoiare qualsiasi mostro.
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