(Corriere della Sera, 9 luglio 2009)
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Lo stemma voluto nel 1869 dall'abate di LAmbach |
di VITTORIO MESSORI
Per penetrare nel luogo proibito, ho
dovuto giocare la carta del riconosciÂmento, mostrando il passaporto e
alÂcune pubblicazioni recenti che aveÂvo con me. Ho superato cosà la
diffidenza del monaco guardiano, fortunatamente letÂtore delle
traduzioni tedesche dei miei libri. Affidato a un sagrestano e aperta
la grande porta barocca chiusa a chiave, mi sono stati concessi pochi
minuti per scattare qualche istantanea con la mia macchinetta
automatiÂca. Alla fine, l'esortazione a «far buon uso» del privilegio
accordato a me e negato cateÂgoricamente a tanti altri, da molti anni.
Tutto questo per accedere alla sagrestia di una chiesa non solo aperta al pubblico ma anche assai frequentata,
essendo al contemÂpo parrocchia e tempio della grande, antica abbazia
di Lambach, nell'Alta Austria. Un monastero che, nella sua vita
millenaria, ha vissuto anche una esperienza singolare: duÂrante l'anno
scolastico 1897/98 ospitó, per la terza classe elementare, un bambino
di otÂto anni originario di Braunau am Inn. BambiÂno disciplinato, dal
visetto grazioso (come mostra la ancora esistente foto della classe) ma
ostinato e introverso. Il che non gli impeÂdà di essere un diligente
chierichetto e un buon elemento della corale di voci bianche, nonché un
allievo attento delle lezioni di vioÂlino impartitegli da un Padre
benedettino. Dopo l'aula della scuola nell'abbazia, la magÂgior parte
del suo tempo lo trascorse, quelÂl'anno, proprio nella sagrestia ora
interdetta ai visitatori. LÃ, infatti, aiutava i sacerdoti ceÂlebranti
a indossare e a togliere i paramenti liturgici, là lavava e riempiva le
ampolle per l'acqua e per il vino, là sistemava arredi e veÂsti negli
armadi. LÃ si radunava con gli altri bambini, ogni sabato pomeriggio,
per le proÂve dei canti per la messa grande domenicale e si esercitava
per le melodie previste per matrimoni, funerali, feste liturgiche
varie. Ebbene, quel vasto ambiente barocco è doÂminato da una sorta di
grande cenotafio in marmi dai colori vivaci, che termina in uno stemma
abbaziale, sovrastato da una mitria e da un pastorale in pietra rossa,
forse di VeÂrona. Nell'ovale del blasone, una svastica con gli uncini
piegati, vistosamente dorata. La stessa doratura per la data (1869) e
per le quattro lettere che circondano la croce: T.H.A.L. Cioè:
Theoderic HaÂgn Abate (di) Lambach.
Per posizione, per impoÂnenza, per policromia dei marmi pregiati, il cenotafio è il punto focale della sala,
è impossibile non esserne atÂtratti appena entrati. DunÂque, in
quell'anno scolastico di oltre 110 anni fa, attrasse anche gli occhi,
avidamente curiosi, dell'alÂlievo di terza classe della Volks-Schule,
nonché chierichetto e corista. Il suo nome era Adolf Hitler.
L'anno a Lambach del futuro Führer è ovviamente ben noto agli storici, anche perché l'interessato gli dedicó una pagina del Mein Kampf,
dove dice di non avere condiÂviso l'ideale di quei monaci ma di averne
stiÂmato la serietá e, soprattutto, di avere provaÂto tali emozioni
durante le solenni liturgie da sentirsi, lui che sará sempre astemio,
beÂrauscht, ubriaco. Alcune biografie accennaÂno anche alla svastica
del monumento abbaÂziale ma, curiosamente, sono quasi inesiÂstenti, per
quanto sappia, le fotografie che appaghino la curiositá dei lettori. In
ogni caÂso, le rare immagini sono di molti anni fa, in sfocato
bianconero. In effetti, come io stesso ho constatato, i religiosi hanno
deciÂso di interdire l'accesso alla sagrestia per troncare una sorta di
pellegrinaggio, ove ai curiosi si aggiungevano, pare, anche
inquieÂtanti nostalgici se non dei pericolosi pazzoiÂdi.
La gran maggioranza dei visitatori ignora che un'altra svastica, seppur di dimensioni minori, potrebbe risvegliare la curiositá .
La seconda croce uncinata è sulla fontana nel giardino di fronte
all'ingresso. Il piccolo Adolf vide pure questa tutti i giorni,
giungenÂdo al mattino in abbazia, ma nel dopoguerra è stata coperta da
rampicanti e da vasi di fioÂri e per vederla bisogna conoscerne
l'esistenÂza e spostare le piante. Anche questa è «firÂmata » da padre
Theoderic Hagn, abate di Lambach nella seconda metá dell'Ottocento che
per il suo stemma (ogni superiore di moÂnastero benedettino ne ha uno,
alla pari dei vescovi) scelse una svastica, forse perché seÂgno
dell'incontro tra la croce cristiana e la tradizione religiosa
mondiale. ሠnoto, infatti, che sin da tempi preistorici la croce
uncinata è presente come simbolo sacro in ogni continente, America
precoÂlombiana e Oceania incluse. Soltanto il giudaismo semÂbra non
conoscerla, probabilÂmente perché è simbolo solaÂre, mentre la
tradizione ebraica, a cominciare dal caÂlendario, è soprattutto lunare.
Sta di fatto che anche per questo la Hakenkreuz, la «croÂce con gli
uncini», fu dichiarata «segno ariaÂno » e prediletta, tra Ottocento e
Novecento, dai gruppi ispirati al nazionalismo germaniÂco nonché
all'esoterismo e all'antisemitismo in qualche modo «metafisico». Il
giovane HiÂtler la conobbe (curiosamente, proprio nella forma «alla
Lambach», con gli uncini piegaÂti) presso la Thule-Gesellschaft, la
societá seÂmisegreta le cui dottrine e i cui uomini aliÂmentarono il
nazionalsocialismo nascente.
Fu nel maggio del 1920 che il futuro Führer presentó l'insegna del movimento,
da lui stesso (pittore frustrato) disegnata: una svastica, appunto, ma
con i bracci radÂdrizzati e inclinata verso destra, per, disse, «dare
l'idea di una valanga che travolga il mondo decadente».
Questa
scelta del simbolo, tra tanti possiÂbili, fu determinata anche
dall'impressione ricavata dallo scolaro di terza elementare daÂvanti
alle svastiche dell'abate Hagn? Hitler non ne fece mai cenno, ma
ci sono due epiÂsodi che fanno pensare. Quando invase l'AuÂstria, nel
1938, pur pressato da mille impeÂgni, si fece portare a Lambach
(riservataÂmente, con Eva Braun, una foto lo mostra con un impermeabile
bianco, da borghese) per rivedere l'abbazia e sostó nella sagreÂstia,
davanti al vistoso cenotafio dove tante volte aveva lavorato e cantato.
C'è di piú: coÂme giá in Germania, i nazisti soppressero subito le case
monastiche austriache, ma Lambach fu risparmiata e i religiosi furono
allontanati soltanto nel 1942. Dopo tutto, non sfugga un particolare:
attorno ai bracci della svastica dell'abate, stanno anche una A e una
H. Proprio quelle iniziali che Adolf Hitler volle incise accanto alla
Hakenkreuz «ariana» sulla facciata e nei saloni della canÂcelleria di
Berlino.