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News per Miccia corta01 - 04 - 2009 Milano '70. Mauro Pagani: ``In quegli anni volevamo cambiare il mondo``(la Repubblica, mercoledÃ, 01
aprile 2009, Pagina XIX – Milano) Musica, comuni, sogni. Il
fondatore della Pfm e arrangiatore di De André mette in romanzo il decennio
ribelle Allora la cittá respirava
intelligenza, insieme a troppa ideologia. C'era una ricerca continua di dare
senso alla propria arte e alla propria vita MAURIZIO BONO Rosso
come la Stratocaster del protagonista Sonny, che con quella chitarra da favola
attraversa suonando, amando e sognando il decennio ruggente. Rosso come le
bandiere («piccolissime, con le aste massicce, che il servizio d'ordine
lasciava sempre in giro in quell'appartamento sgangherato»). Ma soprattutto
rosso come la tinta dell'utopia collettiva di quegli anni a Milano,
improvvisamente ritrovati con tutti i suoni, gli odori e i desideri di allora,
quando a raccontarli non è un ideologo o uno storico di mestiere, ma uno
straordinario musicista come Mauro
Pagani, che ci è cresciuto in mezzo e ne ha fatto, umanamente e
artisticamente, tesoro. E che l'equivoco e la forza di quei Settanta vitali li
fa spiegare a uno dei suoi personaggi, semplicemente, cosÃ: «áˆ un po' come se
avessimo preso i nostri sogni piú grandi e li avessimo buttati in un unico
grande pentolone che abbiamo continuato a chiamare comunismo, sicuri che ci
fosse posto per tutto quanto». Per tutto
quanto, invece, e anche per il divertimento, c'è posto in un romanzo come
"Foto di gruppo con chitarrista", che Pagani ha scritto e presenta
stasera alla Feltrinelli di piazza Piemonte: dieci anni narrati a sprazzi,
collegati dalle peripezie, dalle storie di donne, dai viaggi e dall'avventura
musicale di Sonny, un po' alter ego e un po' proiezione dell'autore. Prima
dieci giorni del dicembre '69, dal 7 quando volarono uova alla vernice alla
Scala al tragico 12 delle bombe a Piazza Fontana, poi un marzo del 1972 con il
Living Theater in giro per la cittá e acquartierato in una casa-comune che è un
concentrato di intelligenze ed energie. E ancora l'aprile '76 col
"movimento" ormai imploso che assalta le salmerie del Festival al
Parco Lambro, mentre la droga dilaga e perfino la musica migliore deve cedere
alla peggiore ideologia. Per concludere, giugno 1979, in chiave di malinconico
ma indomito finale, con i funerali di Demetrio
Stratos, ma anche con un omaggio alla piccola utopia nell'utopia del centro
sociale Santa Marta. Ricorda Pagani: «Dopo aver lasciato la Pfm, e da musicista
avevo giá fatto diverse cose riconosciute, ci ho insegnato a lungo, c'erano
1200 allievi alla settimana, scuole di musica, cinema, teatro, fotografia,
audiovisivi, un'esperienza straordinaria finché non fu distrutto tutto a
picconate...». Ma lo sa,
Pagani, che parlare di centri sociali di questi tempi a Milano puó passare per
archeologia o provocazione? Non vacilla: «Mi pare il caso di parlarne proprio
per chi non sa o l'ha dimenticato. Sono felice d'essere cresciuto nella cittáÂ
che ha avuto il "˜68 piú lungo d'Europa, dove per dieci anni di fila una
quantitá incredibile di persone hanno tenuto lo sguardo su un futuro migliore
possibile. Anche per questo ho amato e amo visceralmente questa cittá ». Anche
se guardare l'orizzonte ontano aumenta il rischio di inciampare? «Non la
metterei cosÃ. Allora la cittá respirava intelligenza, oltre che scazzi e un
tasso eccessivo di ideologia, quella che poi ha rovinato tutto. Nella comune
dove ho vissuto c'era una ricerca continua di dare senso alla propria arte e
alla vita, una affettuosa severitá reciproca che non ti concedeva di cadere
vittima dei tuoi difetti e ti spingeva a fare di meglio. E fuori quel clima si
sentiva anche nelle strade e nei locali. Allora non uscivi mai in compagnia,
uscivi e conoscevi gli altri, ora nei posti devi presentarti con qualcuno...».
A questo punto il copione prevede che l'ex prosegua: questa cittá se potessi la
lascerei... «No, non io. Ci ho provato, a stare in Liguria, non fa per me.
Casomai, come a tutti i milanesi, mi piacciono Amsterdam e New York».
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