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News per Miccia corta09 - 09 - 2008 Storia & memoria. 1924. Quella ``calda`` estate di pura delinquenza fascista(Liberazione, martedà 9 settembre 2008) Maria R. Calderoni
I fatti, e il contesto, sono del tutto noti, basta un rapido riepilogo, seguendo la sequenza delle date. Il 30 maggio Giacomo Matteotti parla alla Camera e chiede che tutti i deputati fascisti, eletti nella consultazione selvaggia del 6 aprile, condotta tra brogli, olio di ricino e bastonature. siano invalidati. E' il discorso che sarebbe rimasto famoso: «Contestiamo in questo luogo e in tronco la validitá delle elezioni della maggioranza»; è il discorso che finisce con la frase tragicamente profetica: «Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai». Il 1 giugno il "Popolo d'Italia" (il giornale del regime) lo bolla come «provocatore professionista»; mentre il duce si lascia andare a chiedere ai suoi sgherri (tipo Cesare Rossi e Giovanni Marinelli) che «gli tolgano dai piedi quell'uomo». Il 10 giugno Matteotti si prepara alla nuova seduta della Camera con un altro discorso particolarmente scottante in tasca: il discorso che non pronunció mai. Da via Pisanelli dove abita, dunque, quel 10 giugno Giacomo Matteotti si avvia a piedi verso Montecitorio, prendendo per il lungotevere Arnaldo da Brescia. Sotto i platani è ferma un'auto, a bordo ci sono i sicari della polizia politica (Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria, Amleto Poveromo), gli balzano addosso, lo immobilizzano, lo caricano a forza sulla Lancia. Nella fase convulsa dell'aggressione, Matteotti cerca di difendersi, rompe un finestrino, riesce a gettare a terra il suo tesserino di deputato; lungo il tragitto, percorso tutto a sirena bloccata, lo picchiano selvaggiamente, lo tramortiscono colpendolo al volto con un pugno di ferro americano. Poi una pugnalata al torace lo uccide. E' verso sera quando i killer arrivano alla Quartarella e qui, servendosi del cric dell'auto, seppelliscono il cadavere del deputato socialista, dentro una fossa scavata in fretta, piegato in due. «Con la carne di Matteotti ci faremo i salsicciotti», cosà arrivavano a "cantare" allora i piú sciagurati tra le camicie nere. E purtroppo il macabro refrain si attaglia bene agli spiriti animali dell'epoca. Il Delitto Matteotti riempà di orrore l'italia e il mondo ed è nei libri di storia con il risalto che certo richiede. Ma il contesto in cui è avvenuto, quel terrificante anno 1924, non è da meno: la cornice perfetta di una ininterrotta sequenza di aggressioni, devastazioni, omicidi. Una casistica efferata, che inizia il 25 gennaio, subito dopo lo scioglimento della Camera e la convocazione delle elezioni fissate per il 6 aprile di quell'orribile 1924. Il 27 gennaio è domenica, la prima pre-elettorale: a Genova i
fascisti bastonano i deputati socialdemocratici Enrico Gonzales, Giuseppe
Canepa e la Medaglia d'oro Raffaele Bossetti. Il 7 febbraio, a
Brescia è aggredito il deputato socialista Nino Mazzoni. A Bari sono
"banditi" i deputati socialisti-massimalisti Giuseppe Di Vittorio
e Arturo Vella. Il Marzo. Il 14 aggredito Alberto Giannini, direttore del
"Becco Giallo" (foglio satirico antifascista); il Aprile. Il 6 le elezioni vedono il "trionfo" del listone fascista con il 66,9 per cento e quasi 400 deputati. 1 maggio, "Unitá ", "Avanti" e "Giustizia", che osano denunciare i brogli e le violenze prima e dopo la consultazione, sono costretti a uscire con ampi spazi bianchi, causa censura governativa; 10 giugno, a Roma rapimento Matteotti; 22 giugno, a Torino devastazione della casa di Alfredo Frassati, senatore e direttore della "Stampa"; 27 giugno, l'opposizione, per protesta contro la violenza continua, decide la serrata alla Camera e inizia l'"Aventino". A luglio è abolita per decreto la libertá di stampa e la Milizia fascista entra a far parte delle Forze armate dello Stato. Ad agosto, 3 morti e numerosi feriti a Napoli; in settembre (esattamente il 5) aggredito a Torino Piero Gobetti: in novembre aggressioni a Roma e in varie cittá . In dicembre, sequestri di giornali di opposizione e sedi antifasciste ancora a Roma e poi a Firenze, Pisa, Siena, Bologna (mentre nella capitale, Nitti ha giá subito una "passatina" dei fascisti che si premurano di sfasciargli la casa in via Alessandro Farnese; e Giovanni Amendola ha abbondantemente assaggiato - ne morirá - il manganello squadristico in via di Porta Pinciana dove abita). «Dalla metá di agosto alla fine dell'anno 1924 - scrive Pierre Milza ("Mussolini", Carocci) - l'Italia fu in preda a una nuova ondata di violenze». La Milizia «fu equipaggiata con 100mila fucili moderni. La polizia e gli squadristi occuparono le sedi dei partiti antifascisti e dei giornali di opposizione. Numerosi circoli e associazioni ostili al regime furono sciolti. Si procedette a centinaia di perquisizioni e a decine di arresti. La caccia agli oppositori riprese con rinnovato vigore, costringendo numerosi antifascisti a entrare in clandestinitá o a prendere la via dell'esilio». Oltre al manganello, va forte, quell'anno, anche "la purga": la tortura "dell'olio di ricino" appena inventata da un poeta che si chiama Gabriele D'Annunzio.
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