(la Repubblica, sabato 30
agosto 2008)
La foto scattata dopo lo scoppio. Tra le persone ritratte forse un sospettato
di
CONCETTO VECCHIO
BRESCIA
- Una foto ingiallita rivela che in piazza della Loggia a Brescia
probabilmente c'era anche uno dei principali sospettati, Maurizio
Tramonte: assistette da vicino allo strazio dei familiari degli otto
morti. Aveva appena smesso di piovere dopo lo scoppio della bomba, alle
10.12 del 28 maggio 1974. S'era formato un cordone a protezione di un
uomo, inginocchiato accanto al cadavere di Alberto Trebeschi, 36 anni,
insegnante, militante del Pci. L'uomo che lo piange è il fratello,
Arnaldo. Ha saputo che anche la cognata, Clementina Calzari, 32 anni, è
morta.
Un fotografo dello studio Eden fa clic. Dietro al cordone, tra una
donna e una pertica posta di spalle, il sindacalista Fiom Piero
Faverzan, s'intravede un tizio minuto, i capelli a caschetto. La foto
ne immortala il lato destro del viso. Si nota male ad occhio nudo, ma
piú di trent'anni dopo una perizia antropologica, ordinata dalla
Procura di Brescia, e redatta dal professor Luigi Capasso, è giunta
alla conclusione che si tratta di Tramonte, "la fonte Tritone"
infiltrata dal Sid in Ordine Nuovo. Uno degli organizzatori
dell'eccidio, secondo i magistrati.
Il 25 novembre inizia il terzo processo per la strage di piazza della
Loggia, uno dei buchi neri della strategia della tensione. ሠl'ultima
chance per accertare la veritá . Otto croci, decine di feriti, tre
precedenti dibattimenti finiti con un nulla di fatto, cinque
istruttorie, l'ultima durata tredici anni e aperta nel 1993 dalle
dichiarazioni di Donatella di Rosa, Lady Golpe.
Solo per cristallizzare la testimonianza dell'accusatore principale,
Carlo Digilio, "Zio Otto", ci sono voluti diciotto mesi. Gli atti
d'indagine sono un Everest di 750 mila documenti. Fotocopiarli è
costato 45 mila euro all'Associazione delle vittime, operazione
finanziata con somme uguali da Comune e Provincia di Brescia e Regione
Lombardia. Tuttavia, a complicare il tutto è la natura indiziaria del
dibattimento, che durerá due anni almeno: non sará facile giungere ad
una condanna. Lo "Zio Otto", ritenuto credibile dalla Cassazione, nel
frattempo è morto.
Tramonte, nativo di Camposampiero (Padova), è uno dei sei imputati,
insieme a facce note dell'eversione nera come Delfo Zorzi (prima
condannato e poi assolto per piazza Fontana), Carlo Maria Maggi,
Giovanni Maifredi, il fondatore di Ordine Nuovo Pino Rauti, l'ex
generale dei carabinieri Francesco Delfino. Quando partà l'ultima
inchiesta fece ammissioni importanti, ricostruà lo scenario, illustró i
preparativi messi a punto in un'abitazione di Abano Terme, e fu perció
ammesso ad un programma di protezione.
Ma nel maggio 2002 ritrattó tutto con un memoriale, scagionando Zorzi,
(da tempo riparato in Giappone, dove fa l'industriale tessile). Per la
Cassazione la ritrattazione non è credibile, cosà Tramonte si ritrova
imputato di concorso morale in strage. Una figura obliqua. Pare abbia
iniziato a fare la spia a 15 anni. Ne aveva 21 il giorno della bomba.
Oggi fa immobiliarista a Brescia, dove convive con una donna polacca e
prende il caffè in un bar di via Cavour, lo stesso frequentato da
Manlio Milani, che in piazza della Loggia perse la moglie, Livia
Bottardi. I due si squadrano, ma non si salutano.
E' davvero l'uomo della foto? "Tramonte lo smentisce categoricamente"
fa sapere il suo avvocato, Mita Mascialino. Scrivono di lui i pm
Roberto Di Martino e Francesco Piantoni: "Partecipó alle riunioni in
cui l'attentato veniva organizzato, offrendo la sua disponibilitá a
collocare l'ordigno". S'accolló l'incombenza un ordinovista di Ferrara,
Giovanni Melioli. Anche lui è morto, nel '91. La perizia del professor
Capasso consta di 98 pagine.
Ha piú volte sovrapposto una vecchia fototessera in bianco e nero di
Tramonte con la foto della piazza, sezionando come un entemologo ogni
ruga, gli zigomi, il naso, le labbra, la fronte, fino a giungere a "un
positivo giudizio d'identitá ". Anche se il professor precisa che
"pesano alcune carenze informative, che impongono prudenza".
Manlio Milani conserva la foto con Tramonte in una vecchia busta. La
estrae e la guarda. Non dice niente. Ha 70 anni, ben portati. La storia
della strage l'ha raccontata decine di volte. Era un martedÃ.
Manifestazione indetta dai sindacati e dal comitato permanente
antifascista per protestare contro una serie di attentati avvenuti in
cittá . La sinistra è reduce da due conquiste storiche: la vittoria al
referendum per il divorzio e i decreti delegati, che allargano la
democrazia nella scuola. Milani e i suoi amici fanno parte di un gruppo
di insegnanti impegnati nella Cgil.
La sera prima si sono visti a cena, a casa di un amico, Piero Bontempi,
reduce dal congresso della Cgil scuola. E' una cerchia cementata dalla
comune consonanza politica: Milani e Trebeschi sono del Pci. Giulia
Banzi milita in Avanguardia operaia. Il marito, Luigi, fratello del
banchiere Giovanni Bazoli, invece è assessore comunale dc. Hanno
condotto insieme la battaglia per il divorzio.
"La prima volta che ci siamo trovati d'accordo in politica". Hanno tre
figli di otto, sei e quattro anni. Un figlioletto i Trebeschi, Giorgio,
di un anno e mezzo. La manifestazione inizia alle 10 in punto. La bomba
è celata in un cestino, sotto i portici. Alle 10,12 il boato. Alla fine
si conteranno cinque insegnanti morti, di cui tre donne. Giorgio
Trebeschi è cresciuto con lo zio Arnaldo. E' un dirigente della Banca
d'Italia, lavora in Brasile.